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PECCIOLI RADDOPPIA LA DISCARICA E CANDIDA LA VALDERA A CAPITALE DEI RIFIUTI

Una quantità di cinque milioni e mezzo di metri cubi di rifiuti: una vera e propria montagna, è destinata a essere collocata in Valdera, a seguito del progetto del comune di Peccioli sostenuto dalla Regione, di aumento volumetrico della discarica di Legoli. 

Discarica della Belvedere spa a Legoli

E’ sostanzialmente il raddoppio dell’attuale discarica, un incremento che per i decenni a venire conferma la Valdera e la parte meridionale della provincia di Pisa come il principale sito di smaltimento di rifiuti della Regione. Poco più del 3% del territorio regionale in cui sono stati smaltiti finora il 50% dei rifiuti urbani e speciali dell’intera Regione, manterrà in futuro questo ruolo, anche a seguito degli ampliamenti di altri impianti: volumi meno imponenti rispetto a quello di Peccioli ma che sommati fra loro continueranno a fare della Valdera la destinazione finale di quello che l’economia circolare e la transizione ecologica non riusciranno a recuperare: amianto a Chianni, rifiuti urbani e speciali a Gello e a Scapigliato (nel comune di Rosignano ma vicino a Santa Luce), senza dimenticare l’ampliamento della discarica di Bulera nel comune di Pomarance, che “ospita” rifiuti industriali e pericolosi con un grande via vai di TIR sulle strade della Valdera e della Val di Cecina. E senza dimenticare i cospicui smaltimenti illegali, in alcuni comuni della Valdera, di fanghi di depurazione e di KEU (derivato dai fanghi conciari), al centro di indagini e azioni giudiziarie.

A ridosso delle festività e in un clima di preoccupazione per gli sviluppi dell’epidemia di COVID, la notizia del raddoppio della discarica pecciolese rischia di passare inosservata: a metà gennaio scadono i termini per presentare osservazioni sull’ampliamento, in un contesto che vede la Toscana carente di un Piano Regionale sui rifiuti. Piano in realtà in fase di elaborazione, ma curiosamente anticipato da tutti gli ampliamenti citati, di cui quello della discarica di Legoli è il più importante.

Questa “politica dei rifiuti” basata sull’ampliamento delle discariche esistenti, sostenuta da alcune amministrazioni locali e dalla Regione, che anticipa e condiziona l’elaborazione del Piano Regionale, che effetto avrà sull’altra Valdera, quella delle produzioni agricole di qualità, del turismo e dell’artigianato? Quella di tante imprese e di lavoratori che puntano sullo sviluppo locale e sulle qualità del territorio? 

Cosa ne pensano le altre amministrazioni locali, le forze politiche e sociali? 

Noi crediamo che sia necessario fermare questo nuovo ampliamento in attesa del Piano Regionale, che dovrà assumere il compito di gestire i rifiuti con priorità nei territori in cui vengono prodotti, mettendo fine alla creazione di poli di smaltimento di rilevanza regionale: ognuno si assuma le proprie responsabilità in base anche al reddito che certe produzioni garantiscono, e i cui scarti non recuperabili non possono condizionare il futuro di altri territori che hanno scelto una strada diversa.

Pontedera, 1/1/2022

Il Direttivo di Legambiente Valdera

COMUNICATO SULLA GRILLAIA

Discarica della Grillaia-Chianni: non è questa la soluzione per l’amianto!

La discarica de La Grillaia, in funzione dal 1990 al 1998, nacque con l’obiettivo di smaltire 300.000 metri cubi di rifiuti che diventarono in seguito a vari ampliamenti a partire dalla sua “regionalizzazione” nel 1992, 1.500.000 metri cubi per rispondere all’emergenza dello smaltimenti dei fanghi conciari. Fanghi che, insieme a rifiuti da altre regioni, misero in crisi il funzionamento dell’impianto, con produzione di percolato altamente inquinato, sversamenti e maleodoranze.

Dopo le lunghe proteste di un coraggioso movimento di cittadini, la provincia nel 1998 decretò la chiusura della discarica; la fase di post-chiusura fu gestita da allora in maniera molto approssimativa. In seguito i proprietari presentarono progetti di messa in sicurezza dell’impianto prevedendo ulteriori 300.000 mc di rifiuti poi scesi a 270.000 (che avrebbero garantito un significativo ritorno economico, ben superiore ai costi della messa in sicurezza medesima). Poco prima delle elezioni del 2014 i comuni di Chianni, Terricciola e Laiatico, la Regione e la Provincia firmarono un protocollo per la gestione della chiusura della ex-discarica senza apporto di ulteriori rifiuti. Il dirigente della Provincia però, aveva nel frattempo approvato il progetto di chiusura della discarica con apporto di ulteriori rifiuti proposto dalla proprietà.

Come Legambiente siamo stati presenti fin dall’inizio e testimoni nel 1998 sia delle cariche della polizia contro i cittadini che si opponevano all’impianto,  sia  dell’impegno dell’allora presidente della Provincia di procedere alla chiusura definiva.
La Delibera della Regione n. 629 del 2020 che autorizza il conferimento di amianto nella discarica per 270.000 metri cubi,  risponde a una nuova emergenza regionale, e ancora una volta questa discarica rischia di diventare, come lo fu per i fanghi conciari, LA SOLUZIONE, rischiando di diventare l’unico sito di smaltimento di amianto della Toscana. E come già successo per i fanghi, la cubatura potrebbe aumentare e Chianni potrebbe diventare il sito regionale di smaltimento dell’amianto per molti anni, vedendo così condizionare pesantemente il futuro economico dell’area e impedendo a una nuova economia, basata su agricoltura e turismo, di affermarsi.

La Delibera della Regione oltretutto, si basa sul presupposto che i volumi di rifiuti autorizzati per la discarica non siano stati raggiunti, mentre documenti di ARPAT degli anni ’90 dimostrano che la volumetria autorizzata è stata completamente utilizzata: si andrebbe quindi a smaltire una consistente quantità di amianto in una discarica esaurita, che deve solo essere messa in sicurezza con una rimodellazione del profilo che richiede una quantità assai inferiore di materiali.

Ci aspettiamo e ci auguriamo che, ove non intervenga la Regione bloccando il progetto, il ricorso amministrativo e gli esposti presentati a partire dal 2020 da Comitati e gruppi di cittadini possano impedire la riapertura della discarica. Riguardo al problema dell’amianto, come circolo Legambiente Valdera, in accordo con la Direzione Regionale dell’associazione, sosteniamo che la soluzione non è quella di fare di volta in volta scelte improvvisate per risolvere una emergenza che dura da anni, ma quella di realizzare un Piano Regionale che preveda che ogni territorio, ogni provincia, si faccia carico dello smaltimento di questo tipo di rifiuti.

Legambiente sostiene che se lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto è sicuro, occorre individuare gli impianti idonei per capienza e caratteristiche costruttive, non solo in Valdera ma in tutta la Toscana: la politica a ogni livello può fare la sua parte, pianificando la soluzione invece di procedere per tentativi, e evitando di considerare una soluzione lo smaltimento di amianto in una discarica esaurita che è invece semplicemente da chiudere!


Il Direttivo di Legambiente Valdera 

https://www.quinewsvaldera.it/chianni-grillaia-non-e-la-soluzione-per-lamianto.htm

https://www.pisatoday.it/cronaca/discarica-grillaia-chianni-esaurita-no-amianto-legambiente-valdera.html

Allevamento Ai Fabbri

13/11/2020 Arpat e le maleodoranze

Anche l’Arpat conferma le maleodoranze già segnalate dagli abitanti della zona de i Fabbri, a Treggiaia; L’odore di letame proveniente dalla stalla rende inquinata l’aria respirata dai cittadini, rendendo difficile il vivere vicino non potendo neanche aprire le finestre.. inoltre, i proprietari hanno intenzione di ampliare il fondo con altre stalle.. cliccare qui per l’articolo:

>> quinewsvaldera.it – arpat e le maleodoranze ai fabbri

Allevamento 7 volte più grande

I residenti di Treggiaia e, in modo particolare, quelli de I Fabbri ricorderanno questo 2020 anche per essere l’anno in cui agli odori tipici della campagna Toscana (i fiori, il fieno, la terra bagnata e l’aria pulita) si sono sostituiti i miasmi provenienti dall’attività di allevamento industriale di bovini e bufalini che si è insediata nella periferia tra Pontedera e Ponsacco.

L’attività di allevamento è iniziata nelle ultime settimane del 2019 presentando una semplice SCIA con la quale è stato autorizzatol’allevamento in stalla di 600 bovini adulti ma, visto che l’azienda agricola alleva vitelli, il numero di animali detenuti è molto superiore. La modalità di gestione di questo gran numero di animali nella stalla è estremamente importante in quanto può essere la causa di rilevanti problematiche ambientali, così come lo spandimento sul terreno dei reflui zootecnici.

Per monitorare la qualità dell’aria il comune di Pontedera ha chiesto all’azienda agricola di installare una centralina nella zona de I Fabbri, ma a distanza di mesi non vi è traccia di questo dispositivo e non è stato possibile reperire alcuna informazione né sui rilevamenti fatti né sulla frequenza dei campionamenti, peraltro neppure ARPAT è a conoscenza di questi dati visto che non è stato stipulato alcun accordo con tale ente di controllo.

In molti si sono anche chiesti come sia possibile parlare di “benessere” per gli animali rinchiusi per tutta la loro breve vita in una stalla. Legambiente denuncia da tempo come l’etichetta “benessere animale”, rilasciata dal CreNBA, sia forviante e spesso utilizzata a scopo di marketing, in quanto non considera la tipologia di allevamento e questo può ingannare i consumatori non fornendo informazioni utili sulle condizioni di vita degli animali. Sapere se un animale è stato allevato in una stalla al chiuso, in spazi estremamente confinati o al pascolo è infatti una informazione fondamentale per chi decide di mangiare carne.

Ma quali sono le prospettive future? 

La risposta a questa lecita domanda, fatta da chi ha acquistato casa in un luogo dove fino ad un anno fa nessuno immaginava problematiche simili, viene dal Programma Aziendale Pluriennale presentato dal titolare dell’azienda agli enti preposti alla sua valutazione.  L’azienda agricola aveva reso noto di voler realizzare un impianto a biogas per ridurre i cattivi odori della stalla ma ha sempre tralasciato di dire che, oltre a tale impianto, vuole costruire altre 4 stalle, vicine all’attuale, portando così a 4400 il numero di posti disponibili per i bovini destinati alla macellazione. 

Come è possibile costruire una simile industria a pochi metri da una zona residenziale?
Invitiamo ASL, ARPAT e Comune a proseguire la propria opera di controllo e approfondimento
garantendo la massima trasparenza in merito alle informazioni di carattere ambientale in modo da tutelare le centinaia di famiglie residenti nella zona.

Pontedera, 22 ottobre ’20

Il Direttivo di Legambiente Valdera

PULIAMO IL MONDO 2020

Anche quest’anno Legambiente Valdera partecipa alla campagna di PULIAMO IL MONDO, iniziativa promossa da Legambiente ed edizione italiana di “Clean Up The World”, il più grande appuntamento di volontariato ambientale del mondo.

Le date sono le seguenti:

-SABATO 10 OTTOBRE Ore 15:30 LAGO DELLA GHERARDESCA – Colle di Compito, Capannori.

-SABATO 17 OTTOBRE Ore 09:00 BIENTINA – via sottopoggio inferiore

-SABATO 24 OTTOBRE Ore 09:00 BOSCO DI TANALI – “Liberi dai Rifiuti” , ritrovo al campo sportivo Castelvecchio, Caccialupi.

-SABATO 31 OTTOBRE Ore 14:30 – ritrovo davanti scuola Gandhi

-SABATO 14 NOVEMBRE Ore 14:30 – ritrovo davanti scuola Curtatone

-SABATO 28 NOVEMBRE Ore 14:30 – ritrovo piazza unità d’Italia – stazione

-VENERDì 4 DICEMBRE Ore –:– – Terricciola

È consigliata la prenotazione.

La partecipazione è soggetta al protocollo anti-Covid

Portarsi guanti, mascherina e tanta volontà.
Per ulteriori informazioni e prenotazioni, si può chiamare al numero 334/6009333 o inviare una mail a legambientevaldera@gmail.com

DISCARICA DI CHIANNI – LUCCIOLATA DI PROTESTA 29 LUGLIO

Mercoledì 29 luglio dalle ore 18.30 alle ore 21.30 LUCCIOLATA DI PROTESTA contro la riapertura della discarica di Chianni per conferimento di Amianto.

Ritrovo con i propri mezzi alla discarica.

I partecipanti sono invitati a portare torce a led, cellulari, o tutto ciò che fa luce (ASSOLUTAMENTE VIETATE: fiaccole, candele o altri dispositivi con fiamma).

ATTENZIONE: in rispetto della normativa vigente è FATTO OBBLIGOdel rispetto della distanza interpersonale di più di un metro e dell’utilizzo dell’uso mascherine!Siamo un gruppo di cittadini di Chianni, Terricciola e Lajatico, denominato Gruppo 0, che avendo caro il territorio in cui viviamo  vogliamo in ogni modo scongiurare la riapertura della discarica della Grillaia nel comune di Chianni, ormai chiusa da più di 20 anni.Per questo, abbiamo deciso di organizzare un sit in davanti all‘ ingresso del sito, mantenendo le distanze di sicurezza previste dalle normative vigenti covid.L’iniziativa si terrà il giorno 29 luglio 2020 dalle ore 18.30 alle ore 21.30, in collaborazione con Legambiente Valdera.Saranno invitati a partecipare tutti gli amministratori locali e consiglieri regionali.

Siamo un gruppo di cittadini di Chianni, Terricciola e Lajatico, denominato Gruppo 0, che avendo caro il territorio in cui viviamo  vogliamo in ogni modo scongiurare la riapertura della discarica della Grillaia nel comune di Chianni, ormai chiusa da più di 20 anni.Per questo, abbiamo deciso di organizzare un sit in davanti all‘ ingresso del sito, mantenendo le distanze di sicurezza previste dalle normative vigenti covid.L’iniziativa si terrà il giorno 29 luglio 2020 dalle ore 18.30 alle ore 21.30, in collaborazione con Legambiente Valdera.Saranno invitati a partecipare tutti gli amministratori locali e consiglieri regionali

Discarica della Grillaia: grazie ad ARPAT per aver chiarito il contesto


Legambiente Valdera ringrazia pubblicamente l’ARPAT di Pisa per aver finalmente chiarito uno dei dubbi più consistenti che riguardano la discarica della Grillaia. Ci fa infatti molto piacere apprendere che la discarica non è più fatiscente e non è più nemmeno pericolosa: ci chiedevamo infatti come fosse stato possibile lasciare un impianto in condizioni di pericolo per la collettività, e adesso apprendiamo che i lavori effettuati negli ultimi anni grazie alle prescrizioni di ARPAT hanno ridotto al minimo tale pericolo, con una consistente diminuzione del biogas e del percolato e un assestamento del corpo della discarica medesima.
E qui però dobbiamo aggiungere noi qualche altro elemento di chiarezza. Se la discarica non è più pericolosa, infatti, sarebbe sufficiente rimodellarla e ricoprirla quanto basta , per risolvere gli ultimi problemi di infiltrazione e ridurre ulteriormente il percolato, e non c’è nessuna ragione di smaltirci 350.000 tonnellate di amianto.
Detto in altre parole, il progetto approvato dalla Giunta Regionale e disconosciuto dal Consiglio Regionale, è il progetto di riapertura della discarica a un nuovo smaltimento, motivato dalla carenza in Toscana di siti per smaltire l’amianto, in mancanza del resto di un qualsivoglia atto di programmazione in materia, e non ha molto a che fare con le esigenze di gestione del post mortem della discarica stessa. Una riapertura che
porterà nuovi profitti alla filiera dei rifiuti, configgendo con la nuova economia agricola e turistica della Valdera, e sacrificando per altri anni questo territorio alle esigenze di smaltimento di rifiuti prodotti
altrove, e che hanno prodotto altrove alti profitti.
Così, facendo passare per un neutrale parere tecnico l’approvazione di un nuovo progetto di smaltimento, si assiste a una edizione locale del gioco delle tre carte, più noto in Valdera come “gioco dei bussolotti”.
Come avvenne negli anni ’90 con i fanghi conciari, adesso si progetta di far diventare la Valdera l’unico sito regionale per lo smaltimento di amianto, materiale che sì, Legambiente Nazionale sostiene si debba rendere innocuo ma, come afferma il documento di settore del congresso di Legambiente Toscana del 2019, “non si può esportare la contaminazione provocata in un territorio in altro territorio”, e bisogna agire “evitando per quanto possibile l’export del rifiuto all’esterno del territorio che lo produce”. Quindi Legambiente tutta è contraria a rendere “sacrificabile” un territorio, specialmente quando, come nel caso dell’amianto, non ci sono scelte di programmazione e governo pubblico di una criticità, ma semplicemente una serie di toppe che si susseguono in base alla disponibilità di imprese private.
Ringraziamo sinceramente ARPAT per le informazioni che sono state rese disponibili al pubblico e ribadiamo quello che il Consiglio Regionale ha affermato e molte amministrazioni della Valdera sostengono da anni e
confermano in queste settimane in una serie di ordini del giorno votati nei consigli comunali: la Grillaia va chiusa senza ulteriore apporto di rifiuti e le colline della Valdera non devono diventare le colline dell’amianto!
Pontedera, 10/7/2020
Il direttivo di Legambiente Valdera

Comunicato stampa: L’ARPAT di Pisa e la discarica della Grillaia

Ci chiediamo perché si assista ad uno strano ‘gioco delle parti’ sulla discarica della Grillaia. I dirigenti dell’Arpat di Pisa assumono un ruolo politico e ci dicono che “il progetto garantisce fattibilità economica…”. Intendiamoci, apprezziamo molto il lavoro dei tecnici che lavorano all’Arpat: fanno sopralluoghi, stilano relazioni, si preoccupano delle matrici ambientali compromesse. 

Però i dirigenti devono spiegarci, usando tutta la scienza e tecnica possibile, per quale motivo: 

A) nel 2009 Arpat prescrive alla Provincia di Pisa di far rispettare le prescrizioni alla Nuova Servizi Ambiente, in quanto: 
– tutta la rete del biogas non era norma con il Dlgs 26/03; 
– mancavano i monitoraggi mensili del percolato; 
– analisi del trizio, eseguite anni prima, presentavano livelli elevati su tutti e sei i pozzi di monitoraggio; 
– sulla depressione al centro della discarica -già notato dall’Arpat nel 2000– non erano state prese misure mitigative e le acque meteoriche stagnanti avevano aumentato il fenomeno della percolazione. 

B) nel 2015, sei anni esatti dopo e dopo otto sopralluoghi e varie relazioni tecniche, Arpat sostiene ancora che: “la discarica ha subito sensibili cedimenti strutturali, dovuti sia ai normali fenomeni di degradazione della sostanza organica contenuta nei rifiuti conferiti, sia dalle modalità di abbancamento che, in special modo negli ultimi due anni di attività, non hanno permesso una adeguata compattazione. 

Da tali circostanze e derivata la formazione di estese zone depresse sulla sommità del corpo rifiuti che, sovrapposta agli effetti dovuti alla difformità morfologica prodotta dalla chiusura anticipata dei conferimenti, impediscono il regolare deflusso delle acque meteoriche causando la formazione di aree di ristagno idrico, con il conseguente incremento delle quantità di acque meteoriche infiltrate, che determinano a loro volta un incremento delle quantità di percolato prodotto”. 

Conclusioni (nel 2020): non è molto chiaro per quale motivo l’Arpat di Pisa si sia rimangiato tutto e abbia dato parere positivo a caricare su quelle strutture fatiscenti 270.000 tonnellate di amianto. 

Ci devono essere stati enormi lavori di messa in sicurezza tra il 2015 e il 2020! 

Magari saremo un po’ distratti (… e pure gli abitanti della zona …) però grandi opere di messa in sicurezza in questi ultimi 5 anni non ci risultano! 

Saremo tranquilli e, con noi, tutta la popolazione di Chianni, Terricciola e Lajatico quando ci faranno vedere le misurazioni dei valori nelle acque superficiali intorno alla discarica, ci faranno vedere i quattro pozzi su sei da cambiare, ci mostreranno i monitoraggi che prima non c’erano, insomma quando ci dimostreranno “con scienza e tecnica” come la situazione sia cambiata. 

Pontedera, 4/7/2020 

Il direttivo di Legambiente Valdera

Liberi dai fanghi

No allo smaltimento nei campi,
neanche in emergenza

Da un mese il tema della gestione dei fanghi da depurazione anima il dibattito sulla tutela dell’ambiente e della salute, dopo che l’art. 41 del decreto sulle Disposizioni urgenti per la città di Genova e altre emergenze, ha introdotto un limite alla presenza di idrocarburi nei fanghi medesimi, che supera di 20 volte il limite fissato in precedenza da una sentenza della Corte di Cassazione.
Come associazioni impegnate nella campagna “Liberi dai Fanghi”, vogliamo sottolineare alcuni aspetti che non hanno ricevuto la necessaria attenzione nel dibattito.
Il Decreto Genova si è occupato del solo limite relativo agli idrocarburi “pesanti”, individuati dalla sigla C10-C40, ma lo ha fatto specificando che il limite si applica al fango tal quale, cioè al fango appena uscito dal depuratore. Per tutte le altre sostanze però per cui la legge prevede dei limiti, questi si applicano alla sostanza secca, che è quella che viene sparsa nei campi, e non al “tal quale” che è il fango prima di essere trattato. Un bel rompicapo, specialmente per chi deve fare i controlli.
Il criterio applicato poi, che individua la cancerogenicità degli idrocarburi in base a parametri di concentrazione e non sulla base della tipologia (ci sono idrocarburi di origine naturale ma nei fanghi si ritrovano anche quelli di origine industriale), è contestato da molti medici e scienziati che ritengono che l’unico limite accettabile per le sostanze cancerogene sia ZERO.
Nulla ha poi cambiato il Decreto Genova né sui controlli, che sono spesso scarsi e poco efficaci per mancanza di risorse e personale delle strutture pubbliche che li dovrebbero fare; né sulla procedure di autorizzazione allo spandimento, che in tutta Italia si basano sull’ autocertificazione da parte dei trasportatori, della qualità del materiale da spargere nei campi.
Il tutto, in una situazione di tecnologie vecchie di decenni, e con impianti fognari che mischiano reflui civili e industriali, facendo sì che nei fanghi di depurazione si possa trovare di tutto. Quindi i fanghi di depurazione civile, pur contenendo materia organica utile, allo stato attuale sono spesso contaminati da varie sostanze inquinanti e pericolose, e la cosa più dannosa che si può fare è usarli per coltivare le piante che producono il nostro cibo. Infatti alcuni paesi europei hanno vietato questo uso.
Ma mentre la polemica sugli idrocarburi proseguiva, nella conversione in legge del decreto “Genova” è stato approvato alla Camera un emendamento presentato da Lega e M5S che consentirà di spandere nei campi anche fanghi contenenti diossine, PCB, cromo, arsenico, tutte sostanze cancerogene certe per l’uomo. Si tratta di sostanze che provengono da processi industriali e quindi non dovrebbero stare nei fanghi di depurazione civile, tantomeno essere depositate nei campi. Alcuni dei limiti proposti sono così alti, che se si trattasse di fanghi industriali si potrebbero smaltire solo in discariche per rifiuti industriali, dopo adeguato abbattimento degli inquinanti, mentre nell’emendamento si consente di spanderli nei campi dove si produce cibo! Ci auguriamo che questa pazzia non sia confermata al Senato, altrimenti i danni per la salute di tutti saranno irreparabili.
Lo smaltimento dei fanghi in agricoltura, a nostro parere, potrà essere fatto solo in totale sicurezza per l’ambiente e per la salute dei consumatori. Se nei fanghi rimangono sostanze nocive e persistenti che con la tecnologia attuale non si riesce a separare e recuperare, occorre che a livello nazionale e europeo si realizzi un programma di ricerca e di investimenti per ottenere una reale depurazione, e non una circolarità che spesso si traduce nello spargimento di sostanze nocive per ogni dove, come la vicenda dei fanghi dimostra.
Intanto, in attesa che il parlamento modifichi il contenuto del decreto, i fanghi dovranno continuare ad essere inertizzati e smaltiti in discarica, perché se un prodotto della nostra civiltà è dannoso, non si può far finta di nulla oppure nascondersi dietro gli alti costi di smaltimento.

Liberi dai Fanghi, Pontedera 2 novembre 2018

La campagna «Liberi dai fanghi» è promossa da:

Associazione “Chiodo fisso – dare voce a chi non ha voce”

Associazione “Eliantus – volontari per l’ambiente”

Associazione “Orizzonte comune”

Coordinamento Gestione Corretta Rifiuti Valdera
Legambiente Valdera

Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, coordinamento provinciale di Pisa

Medicina Democratica
Slow Food Valdera

TAT movimento tutela ambiente e territorio Montefoscoli

WWF alta Toscana

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