Archivi categoria: Salute

DISCARICA DI CHIANNI – LUCCIOLATA DI PROTESTA 29 LUGLIO

Mercoledì 29 luglio dalle ore 18.30 alle ore 21.30 LUCCIOLATA DI PROTESTA contro la riapertura della discarica di Chianni per conferimento di Amianto.

Ritrovo con i propri mezzi alla discarica.

I partecipanti sono invitati a portare torce a led, cellulari, o tutto ciò che fa luce (ASSOLUTAMENTE VIETATE: fiaccole, candele o altri dispositivi con fiamma).

ATTENZIONE: in rispetto della normativa vigente è FATTO OBBLIGOdel rispetto della distanza interpersonale di più di un metro e dell’utilizzo dell’uso mascherine!Siamo un gruppo di cittadini di Chianni, Terricciola e Lajatico, denominato Gruppo 0, che avendo caro il territorio in cui viviamo  vogliamo in ogni modo scongiurare la riapertura della discarica della Grillaia nel comune di Chianni, ormai chiusa da più di 20 anni.Per questo, abbiamo deciso di organizzare un sit in davanti all‘ ingresso del sito, mantenendo le distanze di sicurezza previste dalle normative vigenti covid.L’iniziativa si terrà il giorno 29 luglio 2020 dalle ore 18.30 alle ore 21.30, in collaborazione con Legambiente Valdera.Saranno invitati a partecipare tutti gli amministratori locali e consiglieri regionali.

Siamo un gruppo di cittadini di Chianni, Terricciola e Lajatico, denominato Gruppo 0, che avendo caro il territorio in cui viviamo  vogliamo in ogni modo scongiurare la riapertura della discarica della Grillaia nel comune di Chianni, ormai chiusa da più di 20 anni.Per questo, abbiamo deciso di organizzare un sit in davanti all‘ ingresso del sito, mantenendo le distanze di sicurezza previste dalle normative vigenti covid.L’iniziativa si terrà il giorno 29 luglio 2020 dalle ore 18.30 alle ore 21.30, in collaborazione con Legambiente Valdera.Saranno invitati a partecipare tutti gli amministratori locali e consiglieri regionali

Discarica della Grillaia: grazie ad ARPAT per aver chiarito il contesto


Legambiente Valdera ringrazia pubblicamente l’ARPAT di Pisa per aver finalmente chiarito uno dei dubbi più consistenti che riguardano la discarica della Grillaia. Ci fa infatti molto piacere apprendere che la discarica non è più fatiscente e non è più nemmeno pericolosa: ci chiedevamo infatti come fosse stato possibile lasciare un impianto in condizioni di pericolo per la collettività, e adesso apprendiamo che i lavori effettuati negli ultimi anni grazie alle prescrizioni di ARPAT hanno ridotto al minimo tale pericolo, con una consistente diminuzione del biogas e del percolato e un assestamento del corpo della discarica medesima.
E qui però dobbiamo aggiungere noi qualche altro elemento di chiarezza. Se la discarica non è più pericolosa, infatti, sarebbe sufficiente rimodellarla e ricoprirla quanto basta , per risolvere gli ultimi problemi di infiltrazione e ridurre ulteriormente il percolato, e non c’è nessuna ragione di smaltirci 350.000 tonnellate di amianto.
Detto in altre parole, il progetto approvato dalla Giunta Regionale e disconosciuto dal Consiglio Regionale, è il progetto di riapertura della discarica a un nuovo smaltimento, motivato dalla carenza in Toscana di siti per smaltire l’amianto, in mancanza del resto di un qualsivoglia atto di programmazione in materia, e non ha molto a che fare con le esigenze di gestione del post mortem della discarica stessa. Una riapertura che
porterà nuovi profitti alla filiera dei rifiuti, configgendo con la nuova economia agricola e turistica della Valdera, e sacrificando per altri anni questo territorio alle esigenze di smaltimento di rifiuti prodotti
altrove, e che hanno prodotto altrove alti profitti.
Così, facendo passare per un neutrale parere tecnico l’approvazione di un nuovo progetto di smaltimento, si assiste a una edizione locale del gioco delle tre carte, più noto in Valdera come “gioco dei bussolotti”.
Come avvenne negli anni ’90 con i fanghi conciari, adesso si progetta di far diventare la Valdera l’unico sito regionale per lo smaltimento di amianto, materiale che sì, Legambiente Nazionale sostiene si debba rendere innocuo ma, come afferma il documento di settore del congresso di Legambiente Toscana del 2019, “non si può esportare la contaminazione provocata in un territorio in altro territorio”, e bisogna agire “evitando per quanto possibile l’export del rifiuto all’esterno del territorio che lo produce”. Quindi Legambiente tutta è contraria a rendere “sacrificabile” un territorio, specialmente quando, come nel caso dell’amianto, non ci sono scelte di programmazione e governo pubblico di una criticità, ma semplicemente una serie di toppe che si susseguono in base alla disponibilità di imprese private.
Ringraziamo sinceramente ARPAT per le informazioni che sono state rese disponibili al pubblico e ribadiamo quello che il Consiglio Regionale ha affermato e molte amministrazioni della Valdera sostengono da anni e
confermano in queste settimane in una serie di ordini del giorno votati nei consigli comunali: la Grillaia va chiusa senza ulteriore apporto di rifiuti e le colline della Valdera non devono diventare le colline dell’amianto!
Pontedera, 10/7/2020
Il direttivo di Legambiente Valdera

Comunicato stampa: L’ARPAT di Pisa e la discarica della Grillaia

Ci chiediamo perché si assista ad uno strano ‘gioco delle parti’ sulla discarica della Grillaia. I dirigenti dell’Arpat di Pisa assumono un ruolo politico e ci dicono che “il progetto garantisce fattibilità economica…”. Intendiamoci, apprezziamo molto il lavoro dei tecnici che lavorano all’Arpat: fanno sopralluoghi, stilano relazioni, si preoccupano delle matrici ambientali compromesse. 

Però i dirigenti devono spiegarci, usando tutta la scienza e tecnica possibile, per quale motivo: 

A) nel 2009 Arpat prescrive alla Provincia di Pisa di far rispettare le prescrizioni alla Nuova Servizi Ambiente, in quanto: 
– tutta la rete del biogas non era norma con il Dlgs 26/03; 
– mancavano i monitoraggi mensili del percolato; 
– analisi del trizio, eseguite anni prima, presentavano livelli elevati su tutti e sei i pozzi di monitoraggio; 
– sulla depressione al centro della discarica -già notato dall’Arpat nel 2000– non erano state prese misure mitigative e le acque meteoriche stagnanti avevano aumentato il fenomeno della percolazione. 

B) nel 2015, sei anni esatti dopo e dopo otto sopralluoghi e varie relazioni tecniche, Arpat sostiene ancora che: “la discarica ha subito sensibili cedimenti strutturali, dovuti sia ai normali fenomeni di degradazione della sostanza organica contenuta nei rifiuti conferiti, sia dalle modalità di abbancamento che, in special modo negli ultimi due anni di attività, non hanno permesso una adeguata compattazione. 

Da tali circostanze e derivata la formazione di estese zone depresse sulla sommità del corpo rifiuti che, sovrapposta agli effetti dovuti alla difformità morfologica prodotta dalla chiusura anticipata dei conferimenti, impediscono il regolare deflusso delle acque meteoriche causando la formazione di aree di ristagno idrico, con il conseguente incremento delle quantità di acque meteoriche infiltrate, che determinano a loro volta un incremento delle quantità di percolato prodotto”. 

Conclusioni (nel 2020): non è molto chiaro per quale motivo l’Arpat di Pisa si sia rimangiato tutto e abbia dato parere positivo a caricare su quelle strutture fatiscenti 270.000 tonnellate di amianto. 

Ci devono essere stati enormi lavori di messa in sicurezza tra il 2015 e il 2020! 

Magari saremo un po’ distratti (… e pure gli abitanti della zona …) però grandi opere di messa in sicurezza in questi ultimi 5 anni non ci risultano! 

Saremo tranquilli e, con noi, tutta la popolazione di Chianni, Terricciola e Lajatico quando ci faranno vedere le misurazioni dei valori nelle acque superficiali intorno alla discarica, ci faranno vedere i quattro pozzi su sei da cambiare, ci mostreranno i monitoraggi che prima non c’erano, insomma quando ci dimostreranno “con scienza e tecnica” come la situazione sia cambiata. 

Pontedera, 4/7/2020 

Il direttivo di Legambiente Valdera

Il Padule di Bientina visto dal Monte

53 min · ESCURSIONE GUIDATA DOMENICA 10 FEBBRAIO

Alcune foto

Questa iniziativa fa parte del programma del COMUNE DI BIENTINA per la promozione delle Aree Protette del Bientina in collaborazione con Legambiente Valdera.
DESCRIZIONE: Per la giornata internazionale delle zone umide, proponiamo quest’anno una escursione da Bosco Tanali ai vicini crinali del Monte Pisano per osservare dall’alto le zone umide del Bientina e lo splendido paesaggio della pianura in cui è situata la zona Ramsa fino alle colline delle Cerbaie.
Se le condizioni meteo lo consentiranno, chi vorrà potrà poi pranzare al sacco a Bosco Tanali e nel pomeriggio proseguire con una visita della Riserva Naturale.
DIFFICOLTA’ (T – E – EE): E
LUNGHEZZA: la mattina circa 7 km, con rientro alle auto entro le ore 13. Il pomeriggio circa 4 km nella Riserva Naturale di Bosco Tanali.
DISLIVELLO: 250 metri in salita e altrettanti in discesa la mattina, pochi metri il pomeriggio.
DURATA: la mattina, con rientro alle auto entro le 13. Possibilità, se le condizioni meteo lo consentiranno, di proseguire nel pomeriggio dopo aver pranzato al sacco (pranzo al sacco a carico dei partecipanti).
DESCRIZIONE: un percorso di interesse paesaggistico per una visione dall’alto delle aree protette del Bientina e delle caratteristiche naturali della pianura.
GUIDA: Valeria Neri e circolo Legambiente Valdera
RACCOMANDAZIONI: scarponi da trekking impermeabili e adatti al freddo. Abbigliamento tecnico da passeggiata, adatto alle temperature rigide di questi giorni, con giacca impermeabile o mantellina in caso di maltempo, zainetto e/o borsa, acqua. Consigliato binocolo 8-10x. Durante il percorso non è possibile rifornirsi di acqua.
COSTO: L’escursione è gratuita per tutti perché compresa nel programma di Escursioni Eventi Attività organizzate dal Comune di Bientina e dalla Regione Toscana nelle Aree Protette del Bientina e delle Cerbaie.
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA ENTRO SABATO 9 febbraio (entro le ore 20). Carlo 338-6716062; Cristina 334-6009333; Luciano 328-0873420.
RITROVO: ORE 9,00 a Bientina davanti al comune, poi ci sposteremo in auto fino a Bosco Tanali. Chi conosce la zona, può recarsi alle direttamente a Caccialupi alle 9,30. Sarà aperto il parcheggio interno alla Riserva cui si accede dal casale abbandonato, poco prima del distributore di Caccialupi. C’è una breve discesa con strada un po’ sconnessa, poi 50 mt avanti il parcheggio è a sx. Per chi viene da Lucca: conviene parcheggiare al piccolo parcheggio subito prima del distributore perché non è facile entrare nella Riserva da quella parte. Poi superato il distributore, è possibile scendere e proseguire sotto la sede stradale e raggiungere il vialetto di ingresso della Riserva. Da qui ci sposteremo a piedi.
INFO&PRENOTAZIONI: Carlo 338-6716062; Cristina 334-6009333; Luciano 328-0873420.
CANI: E possibile portarli ma andranno tenuti al guinzaglio sia nel percorso della mattina che nell’eventuale visita pomeridiana a Bosco Tanali.
IN CASO DI PIOGGIA: l’escursione sarà rinviata; in caso di rinvio gli iscritti all’escursione verranno avvisati in tempo utile, direttamente per sms.

Liberi dai fanghi

No allo smaltimento nei campi,
neanche in emergenza

Da un mese il tema della gestione dei fanghi da depurazione anima il dibattito sulla tutela dell’ambiente e della salute, dopo che l’art. 41 del decreto sulle Disposizioni urgenti per la città di Genova e altre emergenze, ha introdotto un limite alla presenza di idrocarburi nei fanghi medesimi, che supera di 20 volte il limite fissato in precedenza da una sentenza della Corte di Cassazione.
Come associazioni impegnate nella campagna “Liberi dai Fanghi”, vogliamo sottolineare alcuni aspetti che non hanno ricevuto la necessaria attenzione nel dibattito.
Il Decreto Genova si è occupato del solo limite relativo agli idrocarburi “pesanti”, individuati dalla sigla C10-C40, ma lo ha fatto specificando che il limite si applica al fango tal quale, cioè al fango appena uscito dal depuratore. Per tutte le altre sostanze però per cui la legge prevede dei limiti, questi si applicano alla sostanza secca, che è quella che viene sparsa nei campi, e non al “tal quale” che è il fango prima di essere trattato. Un bel rompicapo, specialmente per chi deve fare i controlli.
Il criterio applicato poi, che individua la cancerogenicità degli idrocarburi in base a parametri di concentrazione e non sulla base della tipologia (ci sono idrocarburi di origine naturale ma nei fanghi si ritrovano anche quelli di origine industriale), è contestato da molti medici e scienziati che ritengono che l’unico limite accettabile per le sostanze cancerogene sia ZERO.
Nulla ha poi cambiato il Decreto Genova né sui controlli, che sono spesso scarsi e poco efficaci per mancanza di risorse e personale delle strutture pubbliche che li dovrebbero fare; né sulla procedure di autorizzazione allo spandimento, che in tutta Italia si basano sull’ autocertificazione da parte dei trasportatori, della qualità del materiale da spargere nei campi.
Il tutto, in una situazione di tecnologie vecchie di decenni, e con impianti fognari che mischiano reflui civili e industriali, facendo sì che nei fanghi di depurazione si possa trovare di tutto. Quindi i fanghi di depurazione civile, pur contenendo materia organica utile, allo stato attuale sono spesso contaminati da varie sostanze inquinanti e pericolose, e la cosa più dannosa che si può fare è usarli per coltivare le piante che producono il nostro cibo. Infatti alcuni paesi europei hanno vietato questo uso.
Ma mentre la polemica sugli idrocarburi proseguiva, nella conversione in legge del decreto “Genova” è stato approvato alla Camera un emendamento presentato da Lega e M5S che consentirà di spandere nei campi anche fanghi contenenti diossine, PCB, cromo, arsenico, tutte sostanze cancerogene certe per l’uomo. Si tratta di sostanze che provengono da processi industriali e quindi non dovrebbero stare nei fanghi di depurazione civile, tantomeno essere depositate nei campi. Alcuni dei limiti proposti sono così alti, che se si trattasse di fanghi industriali si potrebbero smaltire solo in discariche per rifiuti industriali, dopo adeguato abbattimento degli inquinanti, mentre nell’emendamento si consente di spanderli nei campi dove si produce cibo! Ci auguriamo che questa pazzia non sia confermata al Senato, altrimenti i danni per la salute di tutti saranno irreparabili.
Lo smaltimento dei fanghi in agricoltura, a nostro parere, potrà essere fatto solo in totale sicurezza per l’ambiente e per la salute dei consumatori. Se nei fanghi rimangono sostanze nocive e persistenti che con la tecnologia attuale non si riesce a separare e recuperare, occorre che a livello nazionale e europeo si realizzi un programma di ricerca e di investimenti per ottenere una reale depurazione, e non una circolarità che spesso si traduce nello spargimento di sostanze nocive per ogni dove, come la vicenda dei fanghi dimostra.
Intanto, in attesa che il parlamento modifichi il contenuto del decreto, i fanghi dovranno continuare ad essere inertizzati e smaltiti in discarica, perché se un prodotto della nostra civiltà è dannoso, non si può far finta di nulla oppure nascondersi dietro gli alti costi di smaltimento.

Liberi dai Fanghi, Pontedera 2 novembre 2018

La campagna «Liberi dai fanghi» è promossa da:

Associazione “Chiodo fisso – dare voce a chi non ha voce”

Associazione “Eliantus – volontari per l’ambiente”

Associazione “Orizzonte comune”

Coordinamento Gestione Corretta Rifiuti Valdera
Legambiente Valdera

Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, coordinamento provinciale di Pisa

Medicina Democratica
Slow Food Valdera

TAT movimento tutela ambiente e territorio Montefoscoli

WWF alta Toscana

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Calci: un incendio insopportabile

Stiamo assistendo con l’incendio divampato a Calci, a uno degli eventi più devastanti che abbiano mai colpito il Monte Pisano e la nostra Regione, purtroppo in linea con gli eventi estremi che hanno colpito il nord Europa, il Canada, la Siberia, la California, l’Australia. Si tratta di disastri sempre più frequenti, sempre più probabili, e in parte prevedibili date determinate condizioni. E non si dovrebbe affrontarli solo quando sono diventati incontrollabili.
Difficilmente il nostro Monte, con le grandi pinete di pino marittimo, dopo 2 mesi di siccità e con un vento potente e durevole, poteva restare indenne dalla tentazione criminale di creare il massimo danno: testimonianze riferiscono di vari punti di innesco, in orario serale perché aerei e elicotteri non possono intervenire e le squadre a terra sono meno efficaci. Anche queste però sono condizioni non difficili da prevedere.
L’ottima organizzazione della Protezione Civile, dei comuni di Calci e Vicopisano, dei Vigili del fuoco, ha evitato per fortuna morti e feriti, anche se c’è stato un forte rischio proprio per due squadre di Vigili del Fuoco trovatesi in situazione di grave pericolo. L’estensione spaventosa del fronte di fuoco mantiene alti i livelli di rischio.
In questa situazione dove centinaia di persone stanno rischiando la propria incolumità per arginare il disastro, non è possibile però esimersi da alcune riflessioni perché anni di tagli, semplificazioni e snellimenti delle strutture pubbliche di vigilanza e prevenzione, e mancati investimenti, sono una delle cause principali di quello che succede. I tagli alle strutture di tutela dell’ambiente e alla vigilanza sono stati effettuati con particolare dedizione in questi anni sia dal Governo sia dalla Regione.
Primo: con un aeroporto civile e militare fra i più efficienti d’Europa, in una Regione coperta per il 50% da boschi, dobbiamo aspettare gli aerei antincendio da altre Regioni, e un elicottero da Napoli.
Mentre si amplia la base militare americana di Camp Darby, grazie anche all’impegno di governo e altri enti pubblici, per trasportare armi da usare negli scenari internazionali più vari, il nemico fuoco non lo sappiamo combattere efficacemente per la mancanza di una flotta aerea adeguata. Se invece di comprare gli F35 comprassimo i Canadair e gli elicotteri antincendio, si potrebbe intervenire con rapidità e minimizzare i danni.

Secondo: in un’area a rischio come il Monte Pisano, gli incendi più gravi si sono perlopiù verificati – molto spesso a matrice dolosa – proprio nella tarda estate, con i primi venti persistenti (grecale o maestrale) e dopo una prolungata siccità. Nei giorni scorsi nell’area percorsa dal gigantesco incendio divampato ieri, c’era già stato un primo “assaggio” con un focolaio che era stato domato in alcune ore. In una situazione di rischio certo e costante, perché non esiste una struttura sovracomunale permanente di vigilanza preventiva, che faccia uso delle tecniche più moderne, dal satellite alle telecamere a infrarossi, integrate dalla vigilanza a terra ? Queste strutture esistono solo in alcuni Parchi, che sono peraltro sotto la costante pressione e minaccia di tagli e “semplificazioni”.

Terzo: come Legambiente insieme ad altre associazioni ambientaliste, ci siamo opposti all’apertura delle strade forestali del Monte Pisano al transito di mezzi privati, transito che per dolo o per disgrazia (es. inneschi da parte delle marmitte catalitiche) può essere causa di incendi. Ci è stato risposto che l’accesso alle strade forestali da persone registrate e dotate di permesso rende il Monte più sicuro. Questo disastro pone almeno dei dubbi su questa affermazione.

Questi disastri, sempre più probabili, si potrebbero arginare e contenere prima che diventino incontrollabili. Crediamo che occorra investire in organizzazione, mezzi e strutture e facciamo appello in maniera costruttiva a tutte le istituzioni competenti, a partire dalla Regione che sta in queste ora fornendo un contributo importante. Le capacità ci sono e il grande sforzo di queste ore lo dimostra, ma occorre non fermarsi all’emergenza aspettando il disastro successivo.
Facciamo anche appello alle forze dell’ordine perché possano individuare rapidamente i colpevoli di quanto accaduto: se veramente c’è stato qualcuno che ha appiccato il fuoco, si tratta di gente pericolosa che va fermata.

Pontedera, 25/9/2018
Legambiente Valdera

Braccianti morti nel foggiano – comunicato di Legambiente

Legambiente aderisce alla manifestazione di Foggia
L’associazione in piazza mercoledì 8 agosto contro ogni forma di sfruttamento e per un’agricoltura buona, pulita, ma soprattutto giusta
«Non c’è pomodoro buono e pulito in agricoltura se non è stato prodotto in maniera etica, giusta, onesta, se non è stato coltivato senza schiavi e caporali. Anche Legambiente sarà mercoledì a Foggia per ribadire che è ora di fermare questa mattanza che ha dei precisi mandanti. Chi continua a schiavizzare i braccianti, per lo più stranieri, impiegati nelle campagne di raccolta deve essere punito e per farlo è necessario che le tutte istituzioni coinvolte si assumano finalmente la responsabilità di applicare la legge per il contrasto al caporalato».
Così Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, annuncia la partecipazione dell’associazione alla marcia di domani, mercoledì 8 agosto, a Foggia indetta da Flai Cgil, Arci, Libera, Terra!, Consulta sull’immigrazione di Foggia e Cerignola, Casa Sankara, Intersos, Amici dei Migranti e altre associazioni, per portare innanzitutto solidarietà alle famiglie dei sedici braccianti morti negli incidenti di ieri e di sabato scorso e a quelli rimasti feriti.
«Parliamo di ragazzi poco più che ventenni che viaggiavano su furgoni adibiti al “trasporto di cose”, dopo una terribile giornata di lavoro nei campi per pochi euro l’ora. Ceesay Aladje, Balde Amadou e i loro compagni, alcuni ancora non identificati, non erano “cose”. Erano persone che avrebbero avuto diritto ad altri mezzi di trasporto, altri salari, altri servizi, altri alloggi e condizioni di vita – aggiunge il presidente di Legambiente –. Della vita di questi migranti schiavizzati dai caporali non interessa a nessuno perché non infastidiscono i bagnanti sulla spiaggia e non chiedono l’elemosina all’entrata del supermercato, ma lavorano invisibili in un paese ipocrita che dice di poterne fare a meno, a sud e a nord, nei campi di pomodoro della Capitanata, in quelli di angurie del Salento, nei meleti dell’Alto Adige o nei vigneti in Franciacorta. Invisibili fino a quando non vanno a sbattere contro un Tir che trasporta quello che loro hanno raccolto. La statale Adriatica e la strada provinciale 105 – conclude Ciafani – sono ancora rosse di sangue e di pomodori, rosse come la salsa che troviamo per pochi centesimi sullo scaffale di molti supermercati, che costa così poco perché non è fatta solo di pomodori, ma anche del sangue e del sudore di Ceesay Aladje, Balde Amadou e dei loro compagni, alcuni ancora non identificati».